I propose to consider the question, ‘Can machines think? This should begin with definitions of the meaning of the terms ‘machine’ and ‘think’.
Computing machinery and intelligence, A.M. Turing
Inizia così l’articolo Computing Machinery And Intelligence, pubblicato da A.M. Turing nell’ottobre del 1950 sulla rivista MIND – A quarterly review of psycology and philosophy. Può una macchina ’pensare’? Infatti, fino agli anni ’60, l’idea che una macchina potesse pensare o imparare ricadeva ancora nel campo degli studi teorici – il dibattito sul problema di decisione e la macchina di Turing risalgono al ’36- , e la tesi che potesse avere dei risvolti nella vita quotidiana di ognuno era lontana dalle menti dei più.
Il machine learning, ovvero l’insieme di metodi che rende una macchina in grado di apprendere, nasce quindi come concetto già negli anni ’30, grazie agli studi di Alan Turing. Sarà però però Arthur Samuel nel 1956 a fornire una prima definizione effettiva di machine learning, e ad approfondire i suoi studi nel campo delle macchine ad apprendimento automatico.
Il suo lavoro raggiunge una svolta nel 1962, quando il calcolatore, a cui Samuel insegnava a giocare a scacchi da anni e che era stato presentato in TV nel 1956, riuscì a battere l’auto-proclamatosi campione del mondo di Scacchi Robert Nealey.
“Wait! Hold the presses! A computer defeated a master checkers player! This was a major news story. Computers could solve the game of checkers. Mankind’s intellectual superiority was being challenged by electronic monsters. […] Paranoia.”
One Jump Ahead: Challenging Human Supremacy in Checkers
Di Jonathan Schaeffer
Oggi, dopo appena 60 anni dalla presentazione al grande pubblico delle macchine ad apprendimento automatico, il machine learning e l’intelligenza artificiale sono a disposizione di tutti, e tutti utilizziamo gli algoritmi teorizzati da Turing e studiati da Samuel per taggare i nostri amici su Facebook, avere una casella di posta elettronica più pulita e farci suggerire la prossima serie da guardare.
Il machine learning infatti è l’insieme degli algoritmi in grado di apprendere le correlazioni che sussistono tra i dati e replicarle per rappresentare un sistema: in questo modo esistono algoritmi che imparano quali mail sono da etichettare come spam e quali sono invece non dannose per l’utente, algoritmi che in base all’età, genere e provenienza geografica definiscono quali pubblicità sono più probabilmente in linea con gli interessi dell’utente, algoritmi che riconoscono la scrittura manuale o immagini e forme definite. La potenza computazionale unita alla massiva generazione di dati (i Big Data) ha infatti reso questa tecnologia facilmente fruibile e replicabile con risultati soddisfacenti.
Nel mondo dei servizi per gli utenti il machine learning è dunque capillarmente distribuito, tanto che ogni smartphone è dotato di algoritmi ad apprendimento automatico, e quasi tutti i servizi ne sfruttano le potenzialità. Anche nel mondo della ricerca, gli ambiti del machine learning e dell’intelligenza artificiale sono temi caldi e particolarmente studiati.
Quali vantaggi può portare però nel mondo industriale?
Abbiamo detto che il machine learning è l’insieme dei metodi che rendono un computer in grado di apprendere senza essere stato esplicitamente programmato, ovvero l’insieme degli algoritmi che colgono le relazioni esistenti tra i dati disponibili. Analizzando la definizione si possono dunque intuire le immense potenzialità in ambito industriale: la progressiva sensorizzazione delle macchine e delle linee produttive e l’avvicinamento a logiche di storicizzazione dei dati strutturate mette a disposizione delle aziende una quantità di informazioni e dati tali da poter rappresentare con un’affidabilità spesso molto alta il comportamento a regime del macchinario, o le condizioni che portano ad anomalie o guasti.
Applicando gli algoritmi del machine learning alle realtà industriali è dunque possibile sviluppare soluzioni intelligenti in grado di monitorare il comportamento della linea o del componente e prevederne i guasti o intercettarne le inefficienze. A differenza dei modelli esplicitamente programmati, che si basano dunque su un set di regole fisiche, meccaniche, termodinamiche o elettrodinamiche ben definite, i modelli basati sull’apprendimento automatico presentano una flessibilità e una capacità di adattamento molto superiori: il modello del comportamento di un dato componente che sfrutta il machine learning è in grado di rappresentare tutte le specificità del singolo componente analizzato.
Ovviamente, se sulla carta il processo sembra automatico, nella realtà il percorso da dato grezzo a soluzione intelligente passa da diverse analisi ed elaborazioni, tipicamente messe in atto da figure tecniche specializzate – i data scientists – in grado di costruire la soluzione più adatta per il sistema investigato.
Questo percorso, che prevede diverse competenze matematiche, tecniche ed informatiche, è però definibile in alcuni passaggi standard. Conoscere il percorso per sviluppare soluzioni intelligenti dal dato grezzo da la possibilità di valutare meglio le soluzioni disponibili sul mercato, o semplicemente approfondire un tema molto dibattuto in termini etici e sociologici, ma spesso poco approfondito dal punto di vista tecnico.